Geppi Gambardillo - 02 giugno 2014 16:18
Da Lopez Pinedo a Boris Zlokovic, proponiamo la nostra formazione ideale delle sei protagoniste di Barcellona 2014. Massiccia la presenza della squadra allenata dal "Chus" Martin, mentre le due italiane pagano una performance non all'altezza delle aspettative.
Daniel Lopez Pinedo – Immaginiamo la soddisfazione di questo “giovanotto” di trentatre anni (ne compirà 34 il prossimo 16 luglio, ndr) nel trionfare davanti al proprio pubblico, mettendo in fila colleghi ben più reclamizzati. Il numero uno catalano parte invece dalle retrovie ed inizia commettendo due errori – rigore e papera su Di Fulvio contro il Brescia – che rischiano di costare carissimo al Barceloneta. Con il passare dei minuti riesce a riprendersi ed acquista sempre più fiducia, risultando determinante nel tentativo di rimonta dei lombardi e nella successiva semifinale contro i campioni annunciati del Primorje. In finale sfoggia il proprio capolavoro, gli attaccanti del Radnicki, soprattutto Filipovic, gli sbattono contro come se fosse un muro invalicabile e la sua parata sull’ultima conclusione può far partire la festa. Condivide a pieno merito il titolo di MVP con il compagno di squadra Albert Espanol – PIOVRA
Dusan Mandic – Nonostante abbia appena vent’anni, la partecipazione alle finali di Champions League non rappresenta una novità per questo giovanissimo mancino che rappresenta a tutti gli effetti un “craque” tanto per la Nazionale quanto per il suo club. Stimolato dal confronto a distanza con campioni del calibro di Madaras, Jokovic e Filip Filipovic – di cui è considerato l’erede designato -, il numero tre del Partizan comincia a sparare le sue cannonate verso la porta di Tempesti nel quarto di finale con la Pro Recco, contribuendo alla clamorosa eliminazione dei liguri con due reti e un rigore realizzato nella lotteria finale. In semifinale, nel derby con il Radnicki, si carica sulle spalle la squadra e la tiene in vita con due reti nei primi due tempi. L’unico passaggio a vuoto arriva, forse, nella gara più importante per il terzo posto con il Primorje, ma può essere annoverato nella categoria dei “peccati di gioventù” che, ad un ragazzo che ha le stimmate del campione, glielo si può concedere – BABY GANG
Felipe Perrone Rocha – In cuor suo, probabilmente, sapeva che il ritorno a Barcellona era dovuto, che c’era ancora un traguardo da conquistare. Perrone ha vinto tanto, in qualsiasi club in cui ha giocato, e la sua fama di vincente non è venuta meno neanche nel campionato brasiliano, dove l’attaccante ha conquistato lo scudetto con la Fluminense. Eppure, i suoi tifosi catalani, coloro che ne avevano ammirato le gesta in cinque stagioni dovevano essere ripagati al meglio, dopo i tanti trionfi tra i confini nazionali. Ecco spiegata, in parte, la magia che ha accompagnato il Barceloneta in tutte e tre le partite finali: il numero tre è stato l’uomo guida, colui capace di mettersi al servizio dei propri compagni (quattro assist in totale) cosi come di prendersi la responsabilità di tiri pesanti, quando il pallone pesa più che in qualsiasi altro momento. Sigla un solo gol in finale, ma è fondamentale perché permette alla squadra di agguantare il pari (3-3) prima dell’allungo decisivo – EROE DEI DUE MONDI
Damir Buric – Il gigantesco difensore croato (2.02 recita la carta di identità) è stato uno dei primi tasselli scelti dal Radnicki per iniziare la propria scalata verso il gotha pallanuotistico. Mai scelta si è rivelata più azzeccata, dal momento che Buric rappresenta ormai una certezza da diversi anni e non è di certo un caso se la nazionale abbia mancato l’ultima finale mondiale in sua assenza. La stazza fisica, unita all’altezza già citata, ne fanno un colosso insuperabile per qualsiasi avversario e, seppur “facilitato” dal giocare nella stessa squadra con il centroboa più forte al mondo (Zlokovic, ndr), non ha trovato avversari che lo abbiano realmente messo in difficoltà. Pesa, tuttavia, sul suo giudizio l’errore su Szirany nella finale con il Barceloneta che è valso il momentaneo 5-7 e, probabilmente, la vittoria della Champions, ma è anche vero che, nella stessa partita, è stato l’ultimo a mollare, scagliando l’ultimo tiro verso la porta avversaria – COLOSSO
Albert Espanol Lifante – Quando al termine della passata stagione ha deciso di lasciare Firenze per tornare a casa, si è avuta sin da subito la percezione di aver perso un giocatore che avrebbe potuto ancora dare tantissimo al campionato italiano. Alla soglia dei ventotto anni, Albert Espanol Lifante ha raggiunto la definitiva maturazione e le Final Six disputate in casa lo hanno consacrato come stella assoluta della pallanuoto spagnola. Il trionfo del Barceloneta porta la sua firma a caratteri indelebili, grazie ai sette gol messi a segno in tre partite, che vanno a sommarsi ai 18 realizzati nel girone di qualificazione e che lo confermano capocannoniere della squadra. Da applausi, in particolare, la prestazione in semifinali dove ha rappresentato un rebus irrisolvibile per la retroguardia del Primorje – BRACCIO ARMATO
Denes Varga – Il terzo posto finale del Primorje è, a tutti gli effetti, una notizia eclatante e rafforza la certezza che la compagine di Rijeka avrebbe potuto (e dovuto) fare molto di più. Tra i tredici di Asic colui che è riuscito ad emergere dal grigiore è stato Denes Varga che, dall’alto dei titoli conquistatI nell’ultimo anno (MVP ai Mondiali di Barcellona e miglior giocatore al mondo secondo la FINA, ndr), ha saputo dare quel qualcosa in più che serve in gare di questo tipo. Anche il campione ungherese sale sul banco degli imputati per la semifinale con il Barceloneta, dove sarebbe servita maggiore calma e freddezza per gestire i momenti finali concitati, ma si riscatta a pieno travolgendo, insieme ai suoi compagni, il Partizan nella finale per il gradino più basso del podio. Chiude la sua esperienza in Croazia con questo piazzamento, dall’anno prossimo giocherà nello Szolnok insieme al fratello maggiore Daniel – ULTIMO TANGO A RIJEKA
Boris Zlokovic – Ad oggi stacca di una spanna qualsiasi concorrente nella corsa al miglior centroboa al mondo. Stiamo parlando, ovviamente, di Boris Zlokovic che conferma la propria stella anche nelle Final Six e che chiude la stagione con il titolo di vice capocannoniere di Champions. La sua classe infinita, unita a giocate e numeri pazzeschi, hanno permesso al pubblico della “Picornell” di assistere ad uno spettacolo senza eguali, confermando al tempo stesso come, per la nazionale montenegrina, rappresenti un lusso inaccettabile lasciarlo a casa in vista delle prossime manifestazioni. Abbatte da solo il Partizan e, per poco, non gli riesce lo stesso capolavoro all’atto finale. Nei primi due quarti è infermabile, con il passare dei minuti i difensori riescono in qualche modo a bloccarlo, ma restano i numeri a parlare per lui – THE KING
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